Identificazione e caratterizzazione funzionale dei bersagli molecolari del fattore trascrizionale Sox2 nella malattia genetica del cervello: un approccio mediante ablazione condizionale di Sox2 nel topo

  • 3 Anni 2012/2015
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Mutazioni nel gene Sox2 causano una malattia genetica che include difetti del sistema nervoso, tra cui difetti degli occhi e dell’ippocampo (una parte del cervello fondamentale per la memoria), che originano durante lo sviluppo del cervello. Il prodotto del gene Sox2 è un fattore trascrizionale, ovvero una proteina che regola l’attività di altri geni. Recentemente, si è scoperto che Sox2 controlla anche altri geni che, se mutati, sono responsabili di una malattia genetica. Il gruppo guidato da Silvia Nicolis ha già ottenuto topi geneticamente modificati in Sox2, per studiare le conseguenze della perdita di Sox2 sull’attività dei geni nel sistema nervoso in via di sviluppo. In questi topi, l’eliminazione di Sox2 durante lo sviluppo produce difetti simili a quelli osservati nei pazienti, in particolare uno sviluppo difettoso dell’ippocampo e di altre regioni. In questi topi, i ricercatori hanno osservato che a seguito della perdita di Sox2 veniva a mancare l’attività di un gene responsabile della produzione di una proteina-segnale, SHH, essenziale per fornire al cervello segnali di crescita. Somministrando un farmaco in grado di mimare l’attività di SHH, hanno poi osservato un parziale miglioramento della crescita dell’ippocampo e delle regioni della base del cervello. Obiettivo di questo progetto è identificare altri geni funzionalmente importanti controllati da Sox2 cercando, inizialmente, geni meno (o più) attivi a seguito della perdita di Sox2, e tra essi quelli direttamente regolati da Sox2. Successivamente i ricercatori studieranno i meccanismi con cui Sox2 dirige l’attività di questi geni in specifiche regioni del cervello, per valutare infine se la riattivazione di questi geni, in assenza di Sox2, abbia effetti positivi sulla malattia nei topi. L’identificazione di questi geni-bersaglio potrebbe aprire la via a nuove ipotesi di terapia, mirate a “restituire” il prodotto di questi specifici geni.

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