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Cos'è e come si manifesta la sindrome di Rett?

La sindrome di Rett è una malattia neurologica che colpisce prevalentemente le femmine, rappresentando una delle più comuni cause di grave disabilità intellettuale femminile. L’incidenza stimata è di un caso ogni 10.000 bambine nate vive. La forma classica della malattia è caratterizzata da uno sviluppo apparentemente normale nei primi 6-18 mesi di vita, cui segue un rallentamento dello sviluppo e una regressione delle abilità psicofisiche, con riduzione della capacità di socializzare e comparsa di movimenti stereotipati, soprattutto delle mani. Altre manifestazioni solitamente associate alla malattia includono: difficoltà nella deambulazione e nei movimenti volontari, disturbi respiratori (alternanza di apnee e iperventilazione), ipotonia muscolare, scoliosi, osteopenia, epilessia, bruxismo, costipazione ed estremità fredde. Esistono anche forme atipiche della sindrome sindrome di Rett, in cui i sintomi possono essere attenuati o più severi e si possono manifestare in tempi differenti rispetto alla forma classica.

Come si trasmette la sindrome di Rett?

In genere l’insorgenza della sindrome di Rett è sporadica, ovvero il difetto genetico insorge spontaneamente e non è presente nei genitori sani. Si stima che circa il 95% dei casi di sindrome di Rett classica siano dovuti a mutazioni del gene MECP2, localizzato sul cromosoma X. Lo stesso gene è responsabile di circa il 40-60% delle forme atipiche della sindrome di Rett. Recentemente sono stati trovati altri due geni che possono spiegare l’insorgenza di alcuni casi atipici: CDKL5, sempre localizzato sul cromosoma X, e generalmente associato alla variante di Hanefeld della sindrome di Rett, o più generalmente, ad encefalopatia epilettica precoce e FOXG1, trovato mutato in alcuni pazienti affetti dalla forma congenita della Rett. Ad oggi questi tre geni non spiegano tutti i casi di diagnosi clinica di Rett, facendo pensare che altri geni debbano ancora essere individuati.

Come avviene la diagnosi della sindrome di Rett?

La diagnosi si basa innanzitutto sull’osservazione delle caratteristiche cliniche e può essere confermata dall’analisi genetica, con ricerca dapprima di alterazioni a carico del gene MECP2. Qualora il paziente risultasse privo di mutazioni in MECP2, generalmente si prosegue con l’analisi di CDKL5 e FOXG1. Se, però, il paziente è caratterizzato da caratteristiche tipiche per esempio della variante di Hanefeld, l’indagine genetica prevede, fin dall’inizio, lo studio del gene CDKL5. Nonostante la malattia sia sporadica, e quindi la probabilità che colpisca un futuro nascituro della stessa famiglia è molto bassa (solo l’1% in più della restante popolazione), nelle famiglie colpite si può effettuare una diagnosi prenatale.

Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per la sindrome di Rett?

Nonostante la ricerca scientifica, utilizzando un artificio genetico non applicabile all’uomo, abbia dimostrato che la sindrome di Rett, o per lo meno quella causata da mutazioni in MECP2, sia largamente (forse completamente) reversibile, ad oggi le pazienti ricevono trattamenti volti a alleviare alcuni dei sintomi più ricorrenti (epilessia, scoliosi, costipazione). Si può inoltre intervenire con terapie specifiche (fisioterapia, terapia cognitiva, logopedia, musicoterapia, ippoterapia ecc) per cercare di ottimizzare le abilità del paziente, ridurre i movimenti stereotipati e migliorare la qualità di vita. Molto importante è inoltre il sostegno psicosociale per le famiglie. Tuttavia, sulla base di risultati positivi di studi clinici, a marzo 2023 la Food and Drug Adminstration ha approvato il Trofinetide, primo farmaco per la sindrome di Rett, attualmente commercializzato solo negli Stati Uniti.

Ultimo aggiornamento

27.09.23

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