Sarà velocissimo e permetterà di localizzare con esattezza i nucleosomi, sorta di rocchetti proteici attorno a cui si avvolge quel lungo filo che è il nostro Dna: è il Multi Layer Model, metodo computazionale sviluppato all’Università di Palermo da Vito di Gesù, del Gruppo di Bioinformatica nel Dipartimento di Matematica ed Applicazioni, in collaborazione con Davide Corona, ricercatore dell’Istituto Telethon Dulbecco, che lavora grazie ai finanziamenti di Telethon e della Fondazione Giovanni Armenise-Harvard.
Questo studio interdisciplinare, pubblicato sulla rivista Genomics*, può sembrare un esercizio di stile ai non addetti ai lavori. In realtà, identificare la posizione esatta dei nucleosomi nel nostro genoma potrebbe rivelarsi molto importante nello studio di numerose patologie umane (dal cancro a svariate patologie neurodegenerative) dovute a difetti nell’impacchettamento del Dna.

Come ricordato anche recentemente da un lavoro dello stesso Corona, il Dna presente nelle nostre cellule è avvolto attorno a dei rocchetti di proteine chiamati nucleosomi, che si ripetono in modo regolare. Di fatto, si viene a formare una struttura che ricorda una collana di perle, dove il filo è il Dna e i nucleosomi sono le perle (come mostrato nella foto accanto).
Questa organizzazione è molto utile per due motivi. Innanzitutto permette di impacchettare in un piccolissimo nucleo di circa 6 micrometri di diametro (cioè 6 millesimi di millimetro!) una molecola che, se fosse srotolata, arriverebbe a circa due metri di lunghezza. Nello stesso tempo, l’impacchettamento del Dna su sé stesso regola in maniera molto stretta quali geni debbano essere accessibili, e quindi “letti”, e quali invece debbano restare silenziosi. Grazie al Multy Layer Model, realizzato anche con il contributo del dipartimento di biostatistica della Harvard University, si potrà calcolare la posizione dei nucleosomi con una velocità mille volte superiore a quella dei metodi attualmente usati.

Come spiega Vito di Gesù, l’idea è venuta fuori guardando e riguardando i dati, e dopo fitti dibattiti fra biologi e informatici sulla loro natura e grande variabilità. «Alla base della metodologia che abbiamo sviluppato c’è un concetto semplice: guarda il fenomeno da più punti di vista, scomponi il problema in sottoproblemi e determina i giusti collegamenti fra i vari frammenti di informazione. È un po’ come ricostruire un puzzle, ma in questo caso le tessere hanno i bordi sfumati. Nel nostro caso i diversi punti di vista sono la collezione dei tanti strati del segnale da analizzare, ottenuti a soglie diverse e secondo adeguati criteri di ottimizzazione. Ogni strato fornisce una tessera che contiene una parte dei segreti del puzzle».
*Di Gesù V, Lo Bosco G, Pinello L, Yuan GC, Corona DF. (2008) A multi-layer method to study genome-scale positions of nucleosomes. Genomics.

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