Hiv, il virus responsabile dell’Aids malattia che ha proporzioni epidemiche in tutto il mondo, è un virus molto temuto perché ha un comportamento misterioso, diverso da quello di molti virus che conosciamo.

Sappiamo già da tempo che il virus Hiv una volta entrato nell’organismo, attacca alcune cellule del sistema immunitario, vi integra il suo Dna e le utilizza per riprodursi e diffondersi in tutto l’organismo. Una volta entrato nell’organismo non esiste vaccino né farmaco che possa eliminare questo virus dal nostro corpo: possiamo controllarlo, ma non eliminarlo del tutto.

Uno degli obiettivi dei ricercatori di tutto il mondo è capire come riuscire a scardinare le difese del virus per, appunto, eliminarlo del tutto da un organismo. E in questo ambito una scoperta fatta all’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-Tiget), in collaborazione con l’Unità di Immunopatogenesi dell’Aids e con l’Unità di Malattie infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, potrebbe aiutare a far luce su possibili soluzioni.

Si è capito, infatti, che il virus Hiv è in grado di indurre alterazioni genetiche in un sottotipo di cellule del sistema immunitario, con l’obiettivo di sfruttarle come “rifugio”. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications e finanziato da Fondazione Telethon, Ministero della Salute e la Bill and Melinda Gates Foundation.

L'Hiv, quando infetta le cellule T regolatorie (un sottotipo di cellule del sistema immunitario) spesso integra il suo genoma accanto a due geni specifici che hanno un ruolo importante nella sopravvivenza e nella proliferazione delle stesse cellule T, attivandoli. In questo modo, le cellule infette si riproducono più velocemente delle altre e persistono più a lungo nell’organismo, andando a costituire un vero e proprio “serbatoio virale”. Sono le cellule T regolatorie a “spegnere” il sistema immunitario quando è necessario, quindi, il fatto che Hiv ne influenzi la sopravvivenza e la proliferazione potrebbe far sì che il virus venga protetto, contenendo l’attacco di altri linfociti.

«Hiv è un nostro ‘sorvegliato speciale’, perché proprio questo virus, modificato geneticamente e reso innocuo in laboratorio da Luigi Naldini, è il vettore che utilizziamo per correggere i geni difettosi alla base di alcune malattie genetiche. Le nostre competenze nel campo della biologia molecolare hanno contribuito ad aggiungere un ulteriore tassello nella comprensione delle modalità con cui Hiv agisce per proteggersi e persistere nell’organismo» spiegano Eugenio Montini e Daniela Cesana, dell’SR-Tiget.

Perché questa scoperta è importante? «Questa scoperta, frutto della preziosa collaborazione tra clinici e ricercatori, potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuove metodiche molecolari che chiariscano come viene creato e mantenuto il ‘serbatoio virale’ di Hiv e approcci che blocchino l’attività dei geni alterati nelle cellule T regolatorie, nella speranza futura di ottenere l’eradicazione dell’infezione da Hiv, che nel 2015, solo in Italia, ha colpito più di 3400 persone», spiega Giuseppe Tambussi, infettivologo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

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