«La terapia genica mi ha cambiato la vita: vedere significa poter mettere a segno quei piccoli obiettivi prima impensabili». Sono le parole di Orlando, un ragazzo oggi maggiorenne affetto fin dalla nascita da una rara malattia ereditaria della vista chiamata amaurosi congenita di Leber per la quale non esistono cure.

La ricerca Telethon, però, ha provato a invertire questa tendenza: Orlando è infatti uno dei pazienti che si sono sottoposti con successo alla terapia messa a punto dall’Università della Pennsylvania in collaborazione con l’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli. Il trattamento prevede la correzione del difetto genetico tramite l’iniezione direttamente nell’occhio di un virus opportunamente reso innocuo ma capace di trasportare efficacemente una versione corretta del gene difettoso in questi pazienti. Avviato nel 2007, questo studio ha dimostrato come la terapia genica sia sicura e in grado di migliorare le capacità visive, soprattutto quando somministrata precocemente: il risultato più sorprendente si è avuto su tre bambini trattati tra gli 8 e i 10 anni che sono riusciti a superare brillantemente un percorso a ostacoli disegnato ad hoc, anche in condizioni di scarsa illuminazione.

Quello delle malattie genetiche oculari è da sempre un settore di interesse dell’Istituto Telethon di Napoli, che attualmente ospita tre gruppi di ricerca dedicati al riguardo. Inoltre, per favorire lo sviluppo delle terapia messe a punto in laboratorio, Fondazione Telethon finanzia e gestisce un’unità clinica per la sperimentazione delle terapie dell’occhio ospitata nel Centro per la prevenzione e la riabilitazione dell’ipovisione del Primo Policlinico di Napoli.

Più in generale, la Fondazione ha investito oltre 18 milioni di euro nella ricerca sulle malattie genetiche oculari, che hanno permesso di finanziare quasi 100 progetti su oltre 30 patologie: un investimento importante, soprattutto se si considera che buona parte dei casi di cecità attualmente noti hanno una base genetica.

Tra i progetti finanziati negli ultimi anni, degno di nota è certamente quello sulla retina artificiale, che vede coinvolti l’Ospedale S. Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e l’Istituto italiano di tecnologia di Genova: si tratta di un dispositivo biocompatibile, impiantabile e fotosensibile in grado di tradurre gli impulsi luminosi in impulsi elettrici, supplendo così al malfunzionamento dello strato esterno della retina compromesso in malattie ereditarie quali per esempio la retinite pigmentosa. L’auspicio è che entro il 2018 si possa avviare la sperimentazione clinica sull’uomo.

Il tuo browser non è più supportato da Microsoft, esegui l'upgrade a Microsoft Edge per visualizzare il sito.